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Forme di resistenza ai tempi della pandemia

Scritto da: Etienne Cavatorta, Daniela Di Franco, Camilla Ferrari e Chiara Gigliosetto

La collaborazione tra Rimake, bene comune che nasce sulle spoglie dell’ex liceo Omero Bruzzano, e Intersezionale nasce dalla voglia di raccontare i germogli di mutualismo che hanno animato la nostra realtà milanese in un momento tanto fragile quanto frenetico. Tra abisso e paralisi, i progetti di mutuo aiuto e la consapevolezza critica hanno portato ad una profonda messa in discussione del nostro lavoro, delle nostre dinamiche interne e del nostro rapporto con le realtà  istituzionali. 

Ri-Make è un’esperienza sociale di mutuo soccorso; è uno spazio recuperato e vissuto da chi lo auto-gestisce come Bene comune aperto; è un luogo di sperimentazione di legami, relazioni, progetti culturali, formazione ai diritti, scambio di produzioni indipendenti e di qualità.

Da un momento all’altro Rimake è diventato un alveare di richieste , volontar* , persone che chiedevano aiuto, e proprio quando echeggiava il leitmotiv “dovevamo fermarci”, si sono creati gruppi sempre più popolosi che agivano in ambito sindacale, alimentare, didattico (…). Questa rubrica sarà un momento di riflessione, di autocoscienza mutualistica, un momento per fermarsi ed elaborare il nostro percorso. Che cosa vuol dire, da un punto di vista interno, vivere ed imparare il mutualismo? 

Il seguente articolo è tratto da un elaborato di tesi prodotto da quattro studentesse dell’Università della Bicocca di Milano, Etienne Cavatorta, Daniela Di Franco, Camilla Ferrari e Chiara Gigliosetto . Il loro lavoro si è intrecciato fruttuosamente con la rete di Rimake e con il complesso fenomeno del mutualismo sociale, creando un interessante punto di partenza nella dialettica del fenomeno .

Forme di resistenza ai tempi della pandemia

Il fenomeno della pandemia di COVID-19 ha sconvolto l’intera popolazione globale. I danni fisici e psicologici riportati, un vero e proprio trauma collettivo, permangono e si stanno accentuando sempre più a causa della seconda ondata.

Paura e incertezza dominano il nostro vivere quotidiano, insieme ad un senso comune di impotenza. A causa dell’acuirsi di forme di disagio sociale già conclamate e delle condizioni di marginalità, sono nate in tutta Italia esperienze di sviluppo di comunità e di cooperazione, volte a diminuire il malessere evidenziato dalla crisi economica e sociale in atto e consistenti nella partecipazione attiva dei cittadini, su base volontaria, attraverso opere mutualistiche nei propri quartieri di residenza.

Queste iniziative hanno cercato di colmare la frattura sociale acuita dalla pandemia, che ha comportato non solo una vera e propria guerra contro i poveri, ma anche una guerra tra poveri. Le risposte attivate dal basso, oltre ad essere delle forme di resistenza, rappresentano anche delle strategie di cura della comunità, dal momento che hanno delle funzioni psicologiche: rispondono al bisogno di relazioni sociali, seppur intrattenute a distanza, attenuando gli effetti psicologici derivanti dall’isolamento e dal distanziamento sociale, e consentono di strutturare momenti di ascolto e condivisione del malessere, ricostruendo, così, una rete di legami comunitari.

Nell’hinterland milanese si sono strutturati progetti specifici, che potessero supportare i cittadini bisognosi esclusi dai servizi erogati dalle istituzioni. Tali realtà non si sono semplicemente mobilitate nella realizzazione di interventi che rispondessero ai bisogni manifestati, ma hanno concorso alla creazione di una rete di collaborazione tra associazioni che ha permesso di presidiare il territorio con più accuratezza. Esperienze quali quelle realizzate dalla Brigata Basaglia e da He.Co.Psy (Health Conflict and Psychology) del Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa” dell’Università di Milano-Bicocca, hanno garantito un supporto psicologico gratuito ai cittadini particolarmente fragili a causa dell’esperienza traumatica vissuta.

Gli sportelli psicologici nascono da un bisogno contingente, ma aspirano a diventare luoghi in cui prendersi cura della comunità per contribuire ad un processo di trasformazione della società. Altre realtà, quali la cooperativa Rimaflow, l’associazione FuoriMercato, Emergency,, le neonate Brigate Volontarie per l’Emergenza, di cui Brigata Lena-Modotti, un gruppo operativo afferente al Collettivo Lambretta, e Ri-Make, si sono occupate della distribuzione di beni di prima necessità, quali prodotti alimentari e per l’igiene personale e della casa, ma anche supporti digitali e libri per ragazzi in difficoltà nel seguire le lezioni erogate esclusivamente attraverso la didattica a distanza. Laddove si è verificato un vuoto istituzionale o il progetto “Milano Aiuta”, realizzato dal Comune di Milano con il supporto di numerose cooperative e volontari del territorio, non è riuscito a soddisfare le domande di cittadine e cittadini bisognosi di assistenza, sono intervenuti i gruppi mutualistici.

Tra questi il già citato Ri-Make, realtà di mutualismo conflittuale, la cui sede si trova a Bruzzano, nella periferia nord di Milano. Intervistando Zoe Roncalli, attivista di Ri-Make da quattro anni, coinvolta nell’organizzazione e nella realizzazione delle attività dello sportello di sindacalismo “Non sei solo, Non sei sola”, e Laura, volontaria nella consegna delle “spese sospese” durante il primo lockdown, ci siamo addentrate nella scoperta della filosofia, delle azioni e dei progetti futuri di questa realtà mutualistica milanese. 

Ri-Make è uno spazio definibile come “bene comune”, il cui obiettivo consiste nella costruzione, attraverso una “lotta non puramente teorica ma anche pratica, contro l’oppressione”, di una realtà che si fondi sul benessere e l’interesse per la vita delle persone, alternativa e oppositiva rispetto all’attuale sistema vigente, oppressivo e basato sulla logica del profitto.  Sono numerosi i progetti quotidianamente autogestiti nello spazio e inerenti a differenti ambiti di interesse, dall’arte allo sport alla cucina.

Tra i più significativi citiamo “La casa dello sciopero”, nato nel 2019 e consistente in un gruppo di sindacalismo femminista concernente i diritti produttivi e riproduttivi delle lavoratrici, trasformato durante la pandemia nello sportello “Non sei solo, non sei sola”, ad oggi ancora attivo. Tale sportello ha l’obiettivo di sostenere le persone che durante la pandemia si sono ritrovate in condizioni di vita precaria, a causa della perdita del lavoro o della mancata erogazione della cassa integrazione, fornendo loro, attraverso un’alfabetizzazione in merito ai diritti di lavoratrici e lavoratori, consapevolezza e strumenti adatti per affrontare tale situazione.

Questo progetto ha permesso di supportare in particolar modo colf e badanti – categorie di lavoratrici escluse dal blocco dei licenziamenti, attuato dal governo durante il primo lockdown – e le famiglie in difficoltà nel  conciliare tempi di lavoro e cura dei figli. In itinere nasce l’idea di un centro estivo autogestito, finanziato attraverso la condivisione del bonus babysitter da parte delle famiglie che lo avevano ottenuto. Altri progetti nati durante il lockdown sono stati il baby sitting e aiuto compiti solidale che si è occupato di trovare babysitter, inizialmente in forma volontaria e poi attraverso il bonus erogato dal governo, e che ha aiutato le famiglie in difficoltà con la didattica a distanza, fornendo loro strumenti digitali e promuovendo l’aiuto reciproco tra vicini di casa, tramite pratiche quali la condivisione della rete Wi-Fi. Il gruppo spesa di Ri-Make ha poi organizzato la consegna a domicilio della spesa a soggetti fragili, costretti ad un isolamento domiciliare totale, e le “spese solidali” o “spese sospese”, un servizio gratuito per cittadine e cittadini bisognosi. 

I progetti realizzati da Ri-Make durante il lockdown verranno mantenuti perché il progetto “Non sei solo, non sei sola” incarna la filosofia del gruppo mutualistico conflittuale,  ma anche per il fatto che “i bisogni restano e quindi si continua a lavorarci, non facendo sconti a nessuno”. In linea con quest’ultimo proposito, gli attivisti di Ri-Make hanno già in cantiere un nuovo progetto volto alla costruzione di un percorso cittadino chiamato “Reddito Salute e Istruzione” che consisterà nell’attivazione di differenti realtà che si incontreranno per formare una rete di solidarietà e attivismo.

L’esperienza di Laura, volontaria di Ri-Make che si è occupata di consegnare le spese, ha evidenziato un aspetto molto importante del mutualismo realizzato durante la pandemia: persone di tutte le età  si sono riunite per collaborare, fiduciose che la partecipazione attiva dei cittadini, indipendentemente dal loro colore politico, potesse migliorare davvero la condizione socio-economica della comunità ed aumentare il livello di benessere di tutte e tutti. 

Al termine dell’intervista abbiamo chiesto a Zoe Roncalli di raccontarci ha un episodio per lei significativo, avvenuto nel corso delle attività di mutualismo: “riguarda il gruppo babysitter: un ragazzo (educatore professionale) che faceva parte di quel gruppo, ha seguito una famiglia durante il lockdown e aiutava il figlio” nella realizzazione dei compiti, dal momento che la famiglia viveva in uno stato di povertà economica.

Nel periodo successivo al primo lockdown l’educatore è stato contattato da una maestra del bambino che, fungendo da intermediaria con la scuola in cui insegnava, lo ha segnalato come persona interessata ad un’offerta lavorativa nella scuola. “Lui si è messo in gioco e ha trovato un piccolo pezzo di progetto di vita attraverso il lavoro con questa famiglia”. Questo è il messaggio che Ri-Make propone, aiutarsi reciprocamente per costruire una società altra, che metta al centro la vita e il benessere delle persone, opponendosi radicalmente attraverso una lotta teorica e pratica all’oppressione che si manifesta nel presente a causa di logiche neoliberiste e di mercato.

L’investimento sulle pratiche solidali, anche alla fine di questo periodo di emergenza, potrebbe essere una risposta efficace alla frammentazione sociale della nostra epoca e alla sua tendenza a portarci alla reciproca indifferenza. I tempi della pandemia ci hanno permesso di riflettere in merito al nostro sistema e alla sua effettiva efficacia, dandoci un’ imprescindibile lezione sull’importanza della comunità, della prossimità fisica e delle forme di cooperazioni che si possono attivare grazie alle variegate competenze di ciascuno, rendendo così il mutualismo uno dei luoghi della ricomposizione sociale. Le reti costituite tra associazioni e gruppi di mutuo-soccorso sembrano favorire la possibilità di intravedere una terza via tra un welfare state universale che appare incapace di risollevarsi dalla crisi che lo contraddistingue sin dalla fine del trentennio d’oro e un modello di privatizzazione dei servizi, che vorrebbe sostituirsi ad esso.

Autrici dell’articolo

Etienne Cavatorta, 20 anni: studentessa al secondo anno di Scienze dell’Educazione presso l’Università di Milano-Bicocca; volontaria, al momento inattiva causa pandemia, presso lo sportello aiuto-compiti della scuola di italiano per stranieri di Erba, gestita dalla Caritas; sassofonista presso la J&B Wind Band di Canzo.

Daniela Di Franco: studentessa al secondo anno presso l’Università Bicocca di Milano nel corso di laurea di Scienze dell’Educazione.

Camilla Ferrari: 20 anni, studentessa del secondo anno presso l’Università Bicocca di Milano nel corso di laurea di Scienze dell’Educazione e lavoratrice occasionale la quale si occupa di dare ripetizioni ai ragazzi delle medie. 

Chiara Gigliosetto: 20 anni, studentessa presso l’università bicocca al secondo anno del corso di laurea in scienze dell’educazione. Lavoratrice stagionale nell’ambito degli sport equestri.

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