TOP

Intersezionale

Capitalismo

Sesso e capitalismo

Quando ero piccola i miei genitori mi iscrissero a catechismo. Lo odiavo. Non mi piaceva niente, non mi piaceva la suora, il posto, non mi piaceva dover perdere un’ora di gioco e barattarla con un’ora di racconti religiosi che trovavo poco sensati.

Con il catechismo ci sono cresciuta e ricordo che a un certo punto la suora deve aver capito che le parabole simpatiche su Gesù andavano sostituite con un sano clima di terrore più adeguato all’avvicinarsi della nostra pubertà. Ricordo che ci disse con chiarezza che tutto era peccato, anche i gesti più innocui nascondeva un ambiguità che ci avrebbe portati direttamente all’inferno, ponendo uno strano interesse verso i baci.

I baci, dati soprattutto a chi non era nostro famigliare, erano proibiti, pena l’inferno. La suora è stata la prima persona a farmi capire il potere rivoluzionario della sessualità: qualcosa così fuori controllo e, allo stesso tempo, inevitabile, che ai bambini andava presentata avvolta nel mistero e nella paura.

Mi convinsi che quelle cose proibite, come le chiamava lei, erano pericolosissime, attraenti e necessarie per diventare grandi. Quando smisi di andare al catechismo e approdai nell’adolescenza mi sembrava strano l’interesse delle mie coetanee verso il sesso, verso i maschi. Io volevo solo leggere e ascoltare musica, ma nel piccolo mondo degli adolescenti di provincia essere l’unica femmina nera era già abbastanza pesante, quindi, decisi di uniformarmi agli altri e fingere interesse verso la sessualità. Una finzione che credo mi riuscisse male, eppure tutti davano per scontato che l’intimità interessasse a tutti, quindi anche a me.

Credo di aver vissuto per molti anni una lotta interna. Da una parte, cercavo la mia individualità nel vestire, nella musica che ascoltavo, creando blog segreti su Spider che non facevo leggere a nessuno, leggendo libri che a nessuno interessavano e fingendomi una ribelle di sinistra, senza avere una vera coscienza politica. Dall’altra, provavo a tutti i costi a integrarmi in un’ambiente adolescenziale ossessionato dal sesso, inteso non come crisi e scoperta di sé, ma come affermazione sugli altri.

Per molto tempo ho usato la mia capacità di osservazione per riproporre modelli di seduzione che avevo visto funzionare nelle altre ragazze, un gioco che è durato per tanto tempo, finché mi sono chiesta quanto di quello che stessi facendo fosse utile a me e mi sono resa conto che quello era il mio modo per controllare situazioni in periodi in cui tutto mi sembrava fuori controllo. Il mio atteggiamento, ho scoperto più tardi, non aveva nulla di inusuale, anzi, sono ormai convinta che si trattasse di una risposta naturale alle pressioni del mondo capitalista. Se in questo mondo io donna mi sento precaria, insicura, incapace di costruire il mio futuro lavorativo e famigliare, l’unico rifugio che mi resta, l’unica cosa che posso controllare e far fruttare è la mia sessualità, meglio, il potere che riesco ad ottenere attraverso il desiderio che provoco.

Riconoscere che la mia sessualità spesso non rispondeva ai miei desideri, ma al bisogno di controllare qualcosa mi ha portato a ripensare completamente la mia vita, il mio rapporto con me stessa. È successo, soprattutto in periodi particolarmente difficili, che pubblicassi foto in cui ero in splendida forma, mascherando il bisogno di farlo per autoaffermazione, quando in realtà sentivo solo il bisogno di ricevere gratificazioni che sapevo già in anticipo sarebbero arrivate. Di nuovo, se non posso controllare la mia vita, voglio almeno controllare l’immagine che do di me.

Il capitalismo, focalizzando l’attenzione esclusivamente sull’individuo, ci fa sentire come topi in gabbia, in una società senza via d’uscita. Il lavoro non ti piace? Non ne troverai di migliori. Il capo ti insulta e ti molesta? Ringrazialo per averti dato un lavoro. La tua famiglia ti rinfaccia di non essere abbastanza presente? Lavora di più così potrai permetterti ben due settimane di vacanza. Compra di più, rendi la tua casa più bella, più sicura. Vesti i tuoi figli con abiti di marca e, soprattutto, lavora sempre, costantemente, affinché tu non appaia mai povero, disoccupato e disperato. Peggio del morire di lavoro c’è solo il morire povero. Tutto questo stress, questa ansia, sfocia sempre più spesso nell’ossessione verso l’unica cosa che si pensa di poter controllare ossia il proprio desiderio.

Viviamo in una società svuotata da ideologie e utopie. Spogliata di qualsiasi vestito collettivo e comunitario, la società degli individui si autopromuove come più aperta, più inclusiva: tutti possono essere rappresentati e scopati. Un controllo totale e totalizzante di tutti i corpi, tutti consumabili e tutti privati della loro forza rivoluzionaria a servizio del brand che paga di più, della multinazionale con il reparto marketing migliore.

A questa triste parabola non vedo soluzioni se non una presa di coscienza, soprattutto da parte di chi si definisce attivista, nel riconoscere la forza pervasiva del capitalismo e i danni che sta facendo anche nella sfera sessuale e affettiva. Dobbiamo ripensare l’immagine del sesso che questa società impone e la funzione che questa immagine svolge in relazione al capitalismo. Dobbiamo richiedere educazione sessuale e affettiva nelle scuole, dobbiamo interrogarci su quanto ci è stato tolto e su come possiamo recuperarlo, ricercando un modello di sviluppo differente, tenendo bene a mente che sarà difficilissimo perché tutti noi siamo stati educati all’idea che non esistono alternative a questo sistema.

Esiste un’umanità sempre più sola e spaventata che si rifugia nel sesso senza conoscerlo, senza capirlo. Stiamo crescendo generazioni di ragazzi bombardati da immagini sessualizzate e privi dei mezzi per riconoscere e godere del potere rivoluzionario e imprevedibile del sesso. Stiamo crescendo ragazzi spaventati e insicuri e solo il tempo ci rivelerà le conseguenze più gravi di questa incapacità educativa. Solo l’aiuto comunitario e la presa di coscienza ci aiuterà ad uscire da questo impasse e a provare seriamente a scardinare questa società patriarcale e sessofobica in cui ci troviamo.

Post a Comment