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Il rapporto tra pandemia e salute mentale: dentro e fuori gli ospedali

Come e quanto hanno inciso due anni di pandemia- con tutte le paure, le incertezze che ha generato e continua a generare- sulla psiche degli italiani, e qual’è lo stato di salute delle strutture della salute mentale e di chi ci lavora?

E gli infermieri- che la pandemia la affrontano e la combattono tutti i giorni negli ospedali- come vivono, anche sul piano psicologico, una condizione di lavoro così difficile e così usurante?

Raramente queste domande trovano spazio, e quindi risposta, nel dibattito pubblico di questo periodo. E, del resto, se diamo retta alle dichiarazioni ufficiali, dovremmo stare tutti tranquilli: ci sono i fondi ed i programmi del Pnrr e la sanità non è mai stata sulla bocca di tutti come ora.

A febbraio 2021 il presidente del consiglio Draghi aveva infatti dichiarato:” L’obiettivo è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale realizzando una forte rete di servizi di base, case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria”.

Di soldi per la sanità indubbiamente nel Pnrr ce ne sono: 15,63 miliardi a cui si possono aggiungere altri 1,71 del progetto React Eu ed i 2,89 miliardi del fondo complementare.

In tutto fanno qualcosa più di 20 miliardi. Non è poi così tanto: la salute non si guadagna i primissimi posti di spesa del Pnrr neanche in tempi di pandemia globale.

Nei programmi finanziati ci sono le reti di prossimità e le strutture per l’assistenza sanitaria che prendono circa 7 miliardi, l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione a cui vanno invece 8,36 miliardi; le case della comunità avranno altri 2 miliardi mentre assistenza e telemedicina ne vedranno 4 e per le cure intermedia ci sarà un altro miliardo ancora.

Cifre senza dubbio impensabili in epoca pre-Covid e in tempi di austerità, ma saranno davvero cifre sufficienti per gestire questa pandemia e mettere a posto le tante lacune che proprio la pandemia ha reso evidenti?

Nel Pnrr non c’è un piano di investimenti per il personale come non c’è particolare attenzione al settore della sanità mentale che sembra essere completamente ignorato anche nel dibattito pubblico.

Eppure- la fonte è L’O.m.s- in Italia ci sono meno di 6 psichiatri e poco meno di 4 psicologi ogni 100 mila abitanti e a fronte di 830 mila utenti.

Pochissimi, quindi, ed inadeguati nel numero in tempi come questi. Soprattutto pensando al fatto i pazienti, in questo settore, sono cresciuti del 30% così come è fortemente aumentato il consumo di psicofarmaci e di antidepressivi

Ma ci sono, purtroppo, cifre anche più tragiche: ad esempio il numero dei suicidi legati in qualche modo al Covid che , tra il primo ed il secondo lockdown vengono stimati in più di 40, per non parlare del lavoro di monitoraggio sulla questione svolto dall’ospedale Bambin Gesù di Roma che ha riscontrato un raddoppio dei tentativi di suicidi tra i giovani sempre durante la pandemia. Depressione, isolamento, senso di inutilità, paura: queste le cause più frequenti a cui possiamo aggiungere anche i 61 casi di suicidi che hanno avuto come sfondo le strutture di detenzione come ci ricorda l’annuale rapporto di Antigone.

La salute mentale è quindi quasi dimenticata anche dal Pnrr in totale coerenza con le politiche degli ultimi venti anni che hanno visto l’arretramento dei finanziamenti sia a livello regionale che nazionale, la contrazione degli organici, la precarizzazione dei rapporti di lavoro, l’avvento delle cooperative, la dequalificazione dei centri di salute mentale.

Se il Fondo sanitario nazionale stabilisce l’obiettivo del 5% come minimo per la spesa di queste strutture, gestite dalle regioni, la media arriva appena al 3,5% quando negli altri paesi europei va dall’8 al 15%. Livelli impensabili per noi, raggiunti solo nelle province autonome di Trento e di Bolzano: il resto del paese è molto più indietro anche rispetto agli obiettivi minimi come dimostra il Veneto, che arriva al 2,3%, e ancora di più regioni come le Marche, la Campania, la Basilicata che sono ancora più sotto.

Fosse ancora vivo, per Basaglia questi non sarebbero certo tempi facili.

Ce lo ricordano altri dati significativi: la spesa pro capite per la salute mentale è appena di 75 euro mentre i posti letto che nel resto della Unione Europea sono 73 da noi diventano appena 9 come ci dice il rapporto Eurostat.

Non curare la salute mentale diventa ovviamente poi anche un problema sociale. Ma può diventare anche un problema giuridico con le relative sanzioni a nostro carico.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha messo in fatti sotto osservazione il nostro paese per la pratica della contenzione, utilizzata spesso per carenza di medici ed infermieri. E ci ha posto una serie di domande a cui dovremo rispondere esigendone lo stop fuori dai casi di pericolo grave e di atti autolesivi o aggressivi da parte dei pazienti.

Il caso che ha scatenato il contenzioso è stato il ricorso ai giudici di Strasburgo di un ragazzo milanese di 19 anni legato ad un letto per 8 giorni in un reparto psichiatrico ospedaliero nel 2014. La denuncia dei suoi familiari fu archiviata dai magistrati dopo 5 anni e decisero quindi di rivolgersi alla Corte europea che ha poi stabilito di mettere l’Italia sotto osservazione.

Franco Basaglia diceva che “le istituzioni totali tendono a risorgere in forme nuove”: ma possono anche avere il volto di sempre in un contesto di abbandono e di politiche regressive e repressive.

E’ il caso di un ragazzo tunisino di 26 anni morto a Roma dopo essere stato legato per 3 giorni.

Dal punto di vista delle scelte politiche che riguardano la psichiatria stiamo assistendo ad un forte ritorno indietro: la Lega, infatti, è sempre stata durissima avversaria della legge 180.

Il problema della carenza di organici riguarda un po’ tutta la sanità e le sue conseguenze sono simili a quelle che troviamo fuori dagli ospedali, nella società.

Uno studio dell’Università di Verona, dello scorso anno, si è occupato proprio della condizione psicofisica degli infermieri italiani in prima linea nella lotta contro il Covid. Il questionario ha raggiunto oltre mille operatori sanitari dando risultati abbastanza prevedibili: stati d’ansia, depressione, disturbi da stress, burnout, cioè esaurimento sul piano emotivo, tutti in fortissimo aumento. Difficile reggere con carichi di lavoro sempre più pesanti e turni sempre più massacranti.

I dati sulle carenze di personale dicono che avremmo bisogno di 80/85 mila infermieri in più.

Anche perché i contagi dilagano anche tra i camici bianchi: quasi 5 mila al 20 dicembre scorso ne vengono stimati dal sindacato Nursing Up che chiede per gli infermieri maggior controllo della copertura vaccinale e tamponi ogni 4 giorni. In molte regioni la crescita dei contagi ha bloccato le ferie e la situazione sta diventando ogni giorno sempre più difficile.

Le assunzioni fatte durante la pandemia sono tutte in via temporanea, con contratti da precariato e quindi in molti hanno lavorato magari 6/8 mesi per essere poi rispediti a casa.

La politica, poi, si è completamente dimenticata di loro: nella legge di bilancio infatti sono spariti gli emendamenti che riguardavano gli infermieri per l’assegnazione della loro indennità specifica e anche il contratto in discussione non promette molto di buono.

E quindi può capitare che si crei anche una vera e propria concorrenza a livello europeo visto l’alto livello di formazione dei nostri infermieri. In prima fila c’è la Svizzera- che si muove per carenze molto meno drammatiche delle nostre- che ha sguinzagliato agenzie di ricerca del personale potendo offrire contratti da 3500 euro al mese impensabili per noi.

Ma ultimamente chi lavora negli ospedali si trova davanti anche ad altri problemi: Nursing Up denuncia un aumento delle violenze verbali, delle minacce, addirittura delle aggressioni.

“La situazione oggi è di grave disagio e gli infermieri che lavorano nelle strutture ospedaliere- dicono al sindacato- ormai sono considerati carne da macello”.

Essere ancora definiti eroi, come è successo dopo il primo lockdown, oggi provoca solo fastidio, amarezza, disillusione.

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