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Gli Occhi del Covid: Il governo più breve della storia inglese, la settimana della moda verde e il ritorno di Lula

Voglio incentrare quest’articolo sul tema del ritorno, preso un po’ in tutti i sensi. La prima storia che racconteremo sfiora solamente l’argomento, ma è una storia che merita di essere raccontata, perché di grande epica si tratta… Perciò ecco a voi la storia dell’ascesa e della repentina caduta di Liz Truss, 78° primo ministro del Regno Unito.

Ma prima sigla!

https://www.youtube.com/watch?v=KqppP1g2aV0

Perché i Melvins do li piazzi stanno sempre bene.

Dopo i vari scandali che hanno portato alla caduta di Boris Johnson, Liz Truss è diventata il leader del partito conservatore e Primo Ministro. È stata nominata il 6 settembre dalla regina Elisabetta in persona. Il governo della Truss è stato caratterizzato da una serie di curiosità niente male. È stata l’ultimo Primo Ministro sotto Elisabetta II, e il primo sotto Carlo III. Inoltre è dal 1834 che non c’era un Primo Ministro con lo stesso nome del sovrano. Certo, tutto questo è durato solo due giorni. Perché, come forse ricorderete, l’8 settembre la Regina è schioppata. Non poteva cominciare peggio il governo Truss, decisamente un cattivo presagio. La Truss inoltre è la terza donna a ricoprire l’incarico, dopo la Thatcher e Theresa May. 

Proprio la Thatcher è una delle sue principali fonti di ispirazione, e modello da seguire. Altro pessimo segno. Io non me ne sarei vantato, ma vabbè so gusti. Visto il periodaccio che sta affrontando il mondo, Lizzy ha affermato, al suo insediamento, di voler aiutare le persone ad affrontare la crisi e il costo della vita. Che nella pratica, nelle sue intenzioni, significava abbassare decisamente le tasse verso i ceti medio-alti. Ovviamente, da brava thatcheriana, si è detta contraria ad aiuti sociali diretti, ai sindacati, a tutte queste leggi sul lavoro che signora mia come si fa, voleva limitare il diritto allo sciopero. Una bella persona quindi. Ma mica solo in economia si è espressa. Per quanto riguarda la politica estera, tra le tante cose, segnalo solo le più simpatiche. Si è detta pronta a valutare il trasferimento dell’ambasciata inglese da Tel Aviv a Gerusalemme. Si è dichiarata, ovviamente, ostile alla Cina e alla Russia. Soprattutto verso la Cina, vera e propria minaccia alla sicurezza nazionale britannica, dicendosi pronta a scatenare una guerra nucleare se necessario. Un’altra che pesa con molta attenzione le parole, insomma. E poi l’atteggiamento della Cina verso gli Uiguri e verso Taiwan è inaccettabile. La Turchia invece è un alleato prezioso della NATO, con il quale è necessario approfondire la cooperazione in diversi settori. Kurdichè? No no, trattamento più che accettabile. Non c’è niente da vedere, circolare.

Ma non è solo oggi che Lizzy è paracula. Nel 2016 era fortemente contraria alla Brexit, in quanto non voleva che la figlia crescesse in un mondo in cui le servisse il visto per andare in Europa. Povera stellina. Per non parlare delle difficoltà di aprire un’impresa con tutti i dazi, i cazzi e vari ed eventuali. Già nel 2017 aveva cambiato idea, dicendo che gli svantaggi che aveva temuto per la sua creatura non si sono verificati alla fine. Madre modello.

Non mi stupisce che una cretina del genere sia durata solo 44 giorni. Il governo più breve della storia inglese. Per una volta le borse hanno fatto qualcosa di utile, dato che hanno dato una spallata non da poco alla stabilità del suo governo. Lei si è dimessa, e al suo posto è arrivato il nuovo leader dei conservatori, Rishi Sunak, nominato da Carletto III il 25 ottobre. Anche lui è l’uomo dei record. È infatti il primo Primo Ministro di origine asiatica, e anche il primo induista. E sticazzi. Su di lui posso solo dire ai posteri l’ardua sentenza, ma così a naso, è sicuramente un fijodena. Dopotutto è inglese.

Wikipedia dice anche che tra le passioni di Lizzy ci sono il karaoke e Taylor Swift. 

A Lizzy il PREMIO COVID 19 ODE TO MARY ELIZABETH: RISE AND FALL OF LIZZY. Prossimamente in tutte le librerie. Non mi ricordo però perché la sua storia doveva avere affinità con il tema del ritorno…vabbè è andata così.

Continua imperterrita invece sta cazzo di guerra in Ucraina. Chi sta a vince, chi sta a perde? Boh, io non ce sto a capì un cazzo, e manco loro me sa. Ma su una cosa sono stati quasi tutti d’accordo, per fortuna. Perché a sto giro si è andati molto vicini al ritorno dell’apocalisse. C’avete presente il missile caduto in Polonia, che ha fatto due morti, e che non si sa bene di chi sia? Ecco, quel missile innocente poteva sancire la parola fine. Al conflitto e all’umanità. O a buona parte di essa. Sicuramente la nostra fine. Ma ricapitoliamo un attimo. Il 15 novembre, mi pare, un missile, di non si sa chi, è caduto sul suolo polacco, vicino al confine con l’Ucraina, facendo due morti. Inizialmente è stato dato per certo che fosse russo. Ovviamente lo sostenevano gli ucraini, la Associated Press pure diffuse la notizia che l’attacco era russo e che la guerra fosse arrivata in Polonia. Ma anche voci illustri, come Letta e Calenda, sicuri al 100% di cosa fosse accaduto, entrambi pronti a cinguettare il loro sostegno ai polacchi e a denunciare la Russia. Oh, se lo dicono Letta e Calenda io ci credo, so gente seria.

Ma con sorprendente rapidità avanza un’altra ipotesi…

All’improvviso però è successa una cosa imprevista, almeno da me. È scattata la magia. Ha prevalso il buonsenso stranamente. Bisogna chiarire che se un missile russo fosse caduto in Polonia, ed essendo la Polonia un paese NATO, che ricordiamo essere in teoria un’alleanza con scopi prettamente difensivi, allora gli altri paesi facenti parte dell’alleanza avrebbero dovuto automaticamente intervenire al fianco del paese militarmente aggredito. In sostanza sarebbe stata guerra totale tra Russia e NATO, e non più una guerra limitata alla sola Ucraina. E poteva finire solo in un modo, ossia male per tutti. E quindi tutti i protagonisti coinvolti si sono sbrigati a gettare acqua sul fuoco. A partire dalla Polonia, che ha dichiarato di non sapere di chi fosse il missile e che probabilmente si era trattato di un errore. E i polacchi li odiano ai russi. Ma persino il capo della NATO, Biden, di solito sempre così pacato nelle sue dichiarazioni sulle probabilità di una guerra nucleare e sulla fine del mondo, non ha perso tempo a dire che il missile era ucraino ed è finito per errore in Polonia. Probabilmente un missile ucraino che cercava di intercettarne uno russo e ha sbagliato traiettoria. Insomma, senza che stiamo a riportare tutte le dichiarazioni, la NATO stessa ha stabilito che il missile era ucraino, e che gli incidenti di questo tipo capitano in guerra. Tutti contenti. Tranne Zelensky, che c’ha provato ad appiopparlo alla Russia, ma senza risultati. Per fortuna. Tutto è bene quel che finisce bene.  Con la scappatoia che è comunque colpa dei russi, perché se non tirassero missili non ci sarebbe bisogno di missili di risposta. Un missile al cerchio, uno alla botte, e la calma internazionale è stata ristabilita. 

Io sono abbastanza convinto che se pure il missile fosse stato russo, e non escludo che in realtà lo fosse, in ogni caso si sarebbe reagito così. È da febbraio che diciamo di voler fare il culo alla Russia, che parliamo di terza guerra mondiale alle porte, olocausti nucleari e altre belle cose, ma come si è concretizzata la possibilità che il casino esplodesse per davvero, hanno tutti abbassato i toni immediatamente, perché alla fine ci siamo cacati sotto. E meno male, sono piacevolmente stupito da come sono andate le cose.

Intanto sul suolo ucraino le cose sono complicate come sempre. I russi sembrerebbe che stiano arretrando, ma nel frattempo bombardano tutto il bombardabile, distruggendo tutte le infrastrutture possibili, lasciando sostanzialmente l’Ucraina al buio e al freddo. Perché forse è giunto il momento per i russi di schierare la loro arma migliore. Quella che gli ha permesso di vincere sempre. E non sono mai stati i soldati. Facciamo un applauso di bentornato al Generale Inverno, vero mattatore di nemici, implacabile e soprattutto inarrestabile. Se non dal cambiamento climatico. E in genere quando entra in gioco lui, non ce n’è per nessuno.

E a proposito di cambiamento climatico, è ritornato uno degli appuntamenti più attesi dell’anno. Una delle sfilate per eccellenza, a cui sono rivolti gli occhi di tutto il mondo. La COP 27! Vi ricordate l’anno scorso, quando la COP 26 di Glasgow veniva spiattellata dappertutto, vera e propria rivoluzione inarrestabile che mo gliela facciamo vedere noi a sto riscaldamento globale di merda, stai attento che se te pijo… tutto sembrava sul punto di andare per il meglio no? No, almeno per me. Piango per gli stronzi che si bevono sta roba. Fatto sta che l’anno scorso sta COP del cazzo stava dappertutto, mentre quest’anno non se l’è inculata nessuno. Ma nessuno proprio eh. Iniziamo col dire che quest’anno è stata organizzata a Sharm el-Sheikh. Location top, no Glasgow demmerda. Er sole ce vole, no il grigio. Mette di buonumore i partecipanti. Secondo i rapporti ONU, l’Africa sarebbe proprio il continente più vulnerabile al cambiamento climatico. Si stima che entro il 2030 più di 100 milioni di africani saranno minacciati dal riscaldamento globale. L’averlo acchittato in Africa crea quindi la speranza di dare visibilità maggiore alle esigenze degli africani.

Dicevamo. Si può affermare con assoluta certezza che tutti i buoni propositi dell’edizione precedente non sono stati rispettati. Ovviamente nessuno poteva prevedere la guerra in Ucraina e la crisi geopolitica ed energetica che ne sarebbe derivata. Nessuno nessuno. Giuro. Noi il gas russo non lo vogliamo, se famo de carbone e gas liquefatto e rigassificato, molto più green. Tiè suca. Tra l’altro pare che l’Europa abbia aumentato del 40% le importazioni del gas liquefatto RUSSO, per un totale provvisorio di 21 miliardi di euro. Col cazzo che ce lo prendiamo naturale dal gasdotto, coglione di un russo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/11/29/importazioni-europee-di-gas-liquefatto-russo-in-aumento-del-40-pagati-a-mosca-circa-20-miliardi-di-euro/6889683/

Scusate questa piccola parentesi russa. Torniamo al piatto principale. Tra i vari impegni non mantenuti, c’è stato quello di versare ai paesi in via di sviluppo (che palle sti poveri) 100 miliardi di dollari in un fondo da destinare al contrasto del cambiamento climatico. Si è arrivati a 83. Che secondo me non è male, considerando che mi aspettavo 0. Comunque, polemiche a parte, la COP c’è stata ed è stata un bell’evento. A partire dal fatto che lo sponsor (a che cazzo serve poi uno sponsor per una cosa acchitata dall’ONU me lo devono spiegà) era Coca Cola, accusata di produrre ogni anno 120 miliardi di bottiglie di plastica usa e getta, quindi assolutamente in tema con la conferenza. Ma veniamo agli obiettivi. Sono quattro le parole chiave: 1) Mitigazione, ossia restare uniti e compatti per cercare di mantenere l’aumento delle temperature entro i 2 gradi, anche se l’obiettivo restano l’1,5; 2) Adattamento, ossia il rafforzamento della resilienza (quanto je piace sta parola) e dell’assistenza verso le comunità più soggette verso catastrofi naturali ecc; 3) Finanza, ossia i finanziamenti sul clima, e quindi il versamento de sti benedetti 100 miliardi all’anno, che  creeranno maggiore fiducia tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, dimostrando che gli impegni effettivi vengono rispettati; 4) Collaborazione, il progresso della collaborazione aiuterà a raggiungere i quattro obiettivi e garantire che il mondo stia adottando un modello economico più resiliente e sostenibile nel quale gli esseri umani siano al centro dei colloqui sul clima. I governi, il settore privato e la società civile devono lavorare insieme per trasformare il modo con il quale interagiamo con il nostro pianeta. (Ci tengo a specificare che alcune frasi, forse si riconosceranno dallo stile letterario decisamente diverso dal mio, le ho prese da Wikipedia, che a sua volta le riprende dal documento ufficiale della conferenza. Non mi sono inventato niente).

Obiettivi chiari e per niente retorici. Da notare l’assenza di Greta Thunberg, che ormai s’è data ai libri, la quale ha lamentato uno spazio per la società civile a Sharm molto limitato, accusando la conferenza di greenwashing. Evvabbe, se ne saranno fatti una ragione immagino. Forse assenze un attimino più pesanti sono state quelle della Russia, della Cina e dell’India. E volendo pure dell’Australia. Carlo III, da sempre in fissa con le tematiche ambientali, voleva andare, ma su pressione del governo inglese è rimasto a Londra.

Ma quindi che hanno deciso questi? In sostanza si è raggiunto un accordo solo su un punto. È stato istituito il fondo “Loss and Damage”, per le perdite e i danni provocati dai disastri causati dal cambiamento climatico. Che l’anno scorso a Glasgow era stato pisciato. Non è chiaro quali siano i paesi donatori e quelli destinatari. Si sa solo che durante le trattative USA e UE non erano molto contente. Sui combustibili fossili non si è stabilito niente, se non l’impegno a tagliare le emissioni di gas serra del 43% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2019. In pratica i poveri volevano i soldi e sti cazzi dei combustibili fossili, i ricchi non volevano dare i soldi e basta. Bisogna stabilire chi siano i paesi poveri più a rischio. Mica damo i soldi sulla fiducia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/11/20/cop27-a-sharm-si-chiude-la-conferenza-del-compromesso/6879642/

Spero di essere stato un minimo esauriente e neutrale. Alla COP 27 il PREMIO COVID 19 SETTIMANA DELLA MODA VERDE.

Ora cominciamo con una sfilza di ritorni davvero eccellenti. Sono stato troppo rapido l’altra volta nel cestinare nel dimenticatoio un nume tutelare della nostra nazione. Eh sì, parlo di Giggino. Che evidentemente c’ha i santi in paradiso. O le mani in pasta. O capacità a me (e a tutto il resto dell’universo) assolutamente sconosciute. Di Maio infatti è tra i papabili per essere nominato inviato speciale dell’Unione europea nel Golfo Persico, con focus particolare sull’energia.

Il che, tradotto nella pratica, significa: dodicimila euro netti al mese, con tassazione agevolata Ue e copertura di tutte le spese, compreso ovviamente lo staff, e inoltre lo status di diplomatico con relativo passaporto e immunità. il ruolo è stato appena creato da Borrell, dopo i recenti disguidi energetici con la Russia. E Di Maio evidentemente sembra essere il nome giusto per iniziare a trattare sul prezzo del gas con gli arabi. O è na presa per il culo, fondi che vanno spesi e si preferisce buttarli così, oppure veramente Giggino ha qualità nascoste ignote. Pare che gli stati dell’Unione fossero tenuti a presentare candidati idonei per il ruolo, e pare che l’uscente governo Draghi abbia proposto lui. Bonus fedeltà?

Per quel che mi riguarda, tra le cose peggiori c’è che mi sono ritrovato d’accordo con Gasparri. Con Gasparri per Dio onnipotente. Come quella volta che sono quasi andato d’accordo con Cacciari. Ma qui è peggio. Gasp semplicemente ha detto che è tutta farina del governo precedente e che sta boiata va accantonata subito. 

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/11/18/di-maio-inviato-speciale-dellunione-europea-nel-golfo-persico-avra-immunita-diplomatica-e-super-stipendio-ecco-quanto-guadagnera/6878048/

Per fortuna, non siamo solo io e Gasparri a essere perplessi. Tra i vari ci sono esponenti dell’UE, ma soprattutto pure quelli che se lo devono cuccare in casa.  Mohammed Baharoon, capo del Centro di ricerca sulle politiche pubbliche di Dubai, dice: “La nomina di Luigi Di Maio deve avere un profondo senso dell’umorismo europeo che mi sfugge”. Secco ed efficace, concetto chiaro. Ce state a cojonà? Ha aggiunto anche che è difficile che Di Maio possa contribuire a sviluppare relazioni positive tra l’Unione e i Paesi del Golfo, considerando che «da solo ha rovinato le relazioni del suo paese con due dei principali paesi del Ccg (Consiglio di cooperazione del Golfo, n.d.r.)».

https://www.open.online/2022/11/26/unione-europea-luigi-di-maio-inviato-golfo-dubbi/

La nomina deve ancora essere effettuata. Si vedrà, seguirò la faccenda con vivo interesse, perché davvero non me ne capacito. Non riesco manco a essere ironico. Solo F4. 

Lo sgranato aumenta il basito.

A Di Maio il PREMIO COVID 19 INELUTTABILE.

Nel mondo invece è tempo di ritorni eccellenti, di intramontabili ricordi. Per la terza volta negli ultimi venti anni è tornato sullo scranno più alto del Brasile Luiz Inácio da Silva, per gli amici Lula. Già presidente dal 2003 al 2011, Lula è stato rieletto quest’anno, e si insedierà il primo gennaio 2023. È stata una lotta tra pesi massimi in Brasile. Da un lato l’uscente Bolsonaro, che aveva vinto le precedenti elezioni, dall’altro il sempiterno Lula, tornato alla politica dopo qualche problemino con la giustizia. E il verdetto è stato chiaro, la guerra civile è in arrivo. Lula ha vinto con il 50.9% dei voti, e non sono mancati i disordini nei giorni delle elezioni. Bolsonaro, tra l’altro, è il primo presidente a non venire rieletto per un secondo mandato dalla fine della dittatura militare in Brasile (1985). La carriera di Lula è stata stroncata nella passata decade da tutta una serie di guai giudiziari legati a corruzione e altre amenità, tant’è che è finito pure al gabbio. Ma il Tribunale Supremo Federale del Brasile nel 2021 lo proscioglie da ogni accusa, facendolo rientrare in possesso dei suoi diritti civili e ritornando quindi elegibile. Pare che sia stato tutto un inghippo per tenerlo ai box e lontano dalla scena politica. Vai a sapè.

Lula (fonte Wikimedia Commons/Ricardo Stuckert / Presidência da República)

Non mi sta particolarmente simpatico, Bolsonaro era sicuramente molto più divertente. Ma concediamogli il beneficio del dubbio e fidiamoci del giudizio dei brasiliani. E poi è uno dei pochi stronzi che si è schierato a favore di Assange, un punto in più.

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2022/11/29/brasile-lula-con-vertici-wikileaks-chiede-liberta-assange_0639eb94-71df-4911-a939-56c3a0687e68.html

Poi ovviamente ci si auspica che rallenti la deforestazione dell’Amazzonia, che favorisca le politiche sociali ecc., ma i problemi interni del Brasile li lascio volentieri al Brasile. Io c’ho altro da fa.

Ma Lula non è l’unico nuovo vecchio presidente dell’anno. Nella ridente terra d’Israele, che sovente qualcuno chiama ancora Palestina, è ritornato uno dei padri della patria. Benjamin Netanyahu, per gli amici Bibi. Era persino dal 2021 che non era presidente, quando perse le elezioni in favore del duo Bennet-Lapid, che sono riusciti a stare in piedi per addirittura un anno. Va notata la tendenza, secondo me tutta mediterranea, in Israele di cambiare più governi che mutande negli ultimi anni. Per la precisione cinque volte negli ultimi tre anni. Comunque della storia politica travagliata della Knesset direi che non ce ne frega un cazzo, mi soffermerei sulla figura di Bibi, che è interessante. Dopo le elezioni del primo novembre, Bibi e la coalizione da lui messa in piedi hanno preso 65 seggi su 120, ottenendo la maggioranza. Stanno procedendo quindi a formare il nuovo governo. Anche Bibi è l’uomo dei record. Questa è la terza volta anche per lui come primo ministro. La prima volta dal 1996 al 1999, la seconda dal 2009 al 2021 (se l’è fatta lunga…ma evidentemente agli israeliani piace così).

E ora la terza, dal 2022-data da destinarsi. È il primo leader a essere nato su suolo israeliano nel lontano 1949 (un anno dopo la sua fondazione) e il premier più longevo di tutti, con ben 15 anni di governo, destinati ad aumentare. Da sempre in prima linea per terminare il conflitto tra israeliani e palestinesi (nel senso che vuole terminare i palestinesi), già con la sua elezione nel 1996 mandò affanculo gli accordi di Oslo. Tali accordi prevedevano il ritiro delle forze israeliane da alcune aree della Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania, e il diritto dei palestinesi di autogovernare tali aree, attraverso la creazione dell’Autorità Nazionale Palestinese. Tale governo doveva essere provvisorio e durare cinque anni, in cui si doveva negoziare su tutte le innumerevoli questioni rimaste aperte. Vabbè na roba inutile, ancora oggi lo stato palestinese non viene riconosciuto. Il nostro ritornò nel 2009 al governo. Ho scoperto che nel 2015 disse una cosa fichissima. Secondo lui Adolf Hitler, anche se antisemita, non aveva tra i suoi piani quello di sterminare gli ebrei, bensì di mandarli in Madagascar (qui bisognerebbe aprire una parentesi lunghissima sugli innumerevoli tentativi di creare uno stato ebraico, tentativi che sono vecchissimi…nel prossimo numero, promesso). Tra le ipotesi c’era anche quella di mandarli in Palestina. Ma Hitler fu convinto dal Gran Mufti di Gerusalemme (ossia la massima autorità sunnita che si occupa della corretta gestione dei luoghi sacri nella città), Amin al-Husseini, che era pure zio di Arafat (pare, Wikipedia dice così), che non voleva la migrazione sionista in Terra Santa, a mettere in atto la soluzione finale. In pratica l’olocausto è colpa dei palestinesi secondo Netanyahu. Il ragionamento fila. Va detto che ad Amin al-Husseini effettivamente gli ebrei gli stavano sul cazzo, non li voleva in mezzo ai coglioni e collaborò veramente coi nazisti, favorendo il reclutamento di reparti musulmani nelle SS. Si, nelle SS c’erano anche reparti arabi. E anche di altri paesi. Ma anche questa è un’altra storia. Comunque la collaborazione tra palestinesi e l’Asse è da inquadrare anche nell’ottica di contrasto agli inglesi, che possedevano il Medio Oriente. In effetti non era proprio un bel tipo, ma dubito che l’idea dell’Olocausto fosse sua. In ogni caso Bibi l’ha toccata piano.

Nel 2019 viene incriminato per corruzione, frode e abuso d’ufficio. Che ritorno è se non c’hai manco un cazzo con la giustizia. Reati commessi per favorire aziende e uomini d’affari di sua scelta. Vabbè, niente di che. Si dice che la sua nuova discesa in campo sia avvenuta proprio per sottrarsi alle accuse, e che presto leggi ad hoc saranno fatte per salvarlo. Chissà, a me sembra un bravo guaglione.  

Bibi. (fonte Wikimedia Commons/U.S. Embassy Jerusalem)

A Lula e Bibi il PREMIO COVID 19 REMAKE.

Ma è il momento del Ritorno con la R maiuscola. Quello che cambierà le sorti di tutti noi. Nuntio vobis gaudium magnum: habemus Bertolaso. Ancora una volta sulla breccia. È tornato ancora una volta, per salvare l’umanità dai suoi errori. Errore che in questo caso si chiama Letizia Moratti. Lei era assessore (assessora? assessrice? Boh) al welfare in Lombardia. Ma evidentemente le cose tra lei e Fontana non andavano a gonfie vele. Perché lei si è candidata alle regionali del 2023, proprio come Fontana! Non potevano andare d’accordo. Inoltre, stando alle parole dell’attuale presidente di regione, era ormai evidente la deriva a sinistra della Moratti. Che infatti si è candidata con Renzi e Calenda. Strana idea di sinistra hanno in Lombardia. Comunque non siamo qui per parlare delle svolte sinistroidi della Moratti, tipico esempio della nuova sinistra lombarda, ma del suo successore. Il Guido, che come sempre è chiamato a metterci una pezza. Dal 2 novembre è subentrato alla Moratti, e da allora svolge con diligenza il suo compito. Sul suo operato in questo mese non so nulla, ma mi fido ciecamente delle sue capacità, quindi sto tranquillo. Amici lombardi state sereni, che siete in buone mani. Però un giorno mi dovrete spiegare perché in Lombardia esistono solo 3-4 persone che si sostituiscono a vicenda da anni.

E quindi faccio la mia proposta. Famo la Bertolasata. Invece di quella bestia di Di Maio, che a chiamarlo così insulti le bestie, mandiamoci Bertolaso come delegato UE per trattare con gli arabi. Esperienza? Check. Capacità organizzativa? Check. Carisma? Check. Conoscenze energetiche? Non lo so, ma tanto non ce le ha manco quell’altro. Vai Guido, io sto con te, come sempre. 

PREMIO COVID 19 INTRAMONTABILE.

Ora è il momento di una fiaba. Poco tempo fa, in un Land non troppo lontano, in una bella fattoria, vivevano molti animali accuditi da una splendida e dolce fanciulla. Tra questi animali, il preferito della fanciulla era Dolly, un bel pony di nobile carattere, fedele alla sua padrona. Le giornate scorrevano tranquille e felici alla fattoria. Ma ben presto un’ombra minacciosa iniziò a circondare la fattoria, presenze maligne si affacciavano sempre più di frequente oltre i suoi confini. E pian piano alcuni animali iniziarono a sparire (no, i comunisti non c’entrano niente stavolta). Pecore, mucche, cavalli, in molti non si videro più. Ma la fattoria era grande e prosperosa, le perdite non sembrarono fiaccare il morale e la tenuta della fanciulla. Passò così altro tempo, e la minaccia esterna, nonostante non fosse sparita, sembrava destare poca preoccupazione. La leggerezza con cui fu trattato il pericolo però risultò fatale per la fanciulla. Un giorno, infatti, fu trovato morto Dolly il pony, causando un profondo dolore nella fanciulla. Dapprima sgomenta, iniziò a crescere dentro di lei un’ira cieca. Giurò a sé stessa che non avrebbe mai trovato pace fin quando non avesse ucciso fino all’ultimo dei demoni responsabili di quest’atrocità. Il suo stato mentale, dopo questo episodio, subì un rapido declino. Solo la vendetta la spingeva ancora a vivere, e le interazioni che aveva con gli altri servivano solamente ad avvicinarla al suo scopo. E fu così che, partita da sola verso i boschi, la fanciulla accecata dalla vendetta non fu mai più vista. Non si sa se sia riuscita nel suo intento, quello di spazzar via tutti i demoni dalla faccia della terra, o se sia diventata un demone anch’essa. Ancora oggi la sua storia viene raccontata dai più vecchi ai più giovani, per insegnar loro di non cedere all’ira e alla vendetta, ma di analizzare la situazione con senno.

Non è una fiaba molto originale, me ne rendo conto. Il problema è che non è una fiaba. Ma la realtà. Siamo in Bassa Sassonia, uno dei Land tedeschi con la maggiore presenza di branchi di lupi. Lupi che ovviamente sono una specie rigorosamente protetta dall’Unione Europea. Qui in Bassa Sassonia si trova la fattoria della famiglia Von der Leyen. La fattoria pare essere stata presa di mira dalla famigerata banda del Burgdorfer Holz. 

Immagine che contiene esterni, silhouette

Descrizione generata automaticamente
Bibi. (fonte Wikimedia Commons/U.S. Embassy Jerusalem)

La Banda del Burgdorfer Holz. 

Il povero Dolly è stato ucciso dal più feroce e spietato membro della banda, GW 950m (non è una scheda grafica). Dolly non è certo il primo animale a venire ucciso da GW. Già altri della stessa fattoria in passato sono finiti tra i suoi denti, ed è considerato il “lupo problematico numero uno” del Land tedesco. Niente dead or alive per GW, solo dead mi sa.

Ursula però non l’ha presa per niente bene. Dopo che il suo dolce Dolly è stato brutalmente ammazzato, ha deciso di dichiarare guerra ai lupi. Ha scritto una lettera a tutti gli eurodeputati, in cui chiede di riconsiderare la protezione che viene data ai lupi in quanto specie protetta. Vuole mettere le sanzioni pure ai lupi. L’ha presa male. Ideale visto il ruolo che ricopre.

Immagine che contiene testo, persona

Descrizione generata automaticamente
Sulle tracce dei lupi.

A Ursula Von der Leyen il PREMIO COVID 19 DEMON SLAYER.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/12/07/lupo-uccide-il-pony-di-ursula-von-der-leyen-e-lei-scrive-al-parlamento-ue-per-rivalutarne-la-protezione/6898362/

Gioiamo invece. Perché la NATO si sta preparando ad accogliere due nuovi membri, la Svezia e la Finlandia. I primi, per mostrare la loro buona volontà nei confronti dei loro nuovi alleati, hanno subito iniziato i preparativi. È notizia di questi giorni che è stato estradato in Turchia Mahmut Tat, ex Pkk, condannato in patria a quasi sette anni di gabbio per le sue passate frequentazioni e idee. L’uomo si era rifugiato in Svezia nel 2015, ma la suA richiesta d’asilo è stata oggi respinta. Pare che sia già stato rispedito in Turchia, dove si trova al sicuro tra quattro mura, da dove non potrà nuocere a nessuno. Grazie svedesi, grazie a voi c’è un pericolo in meno in circolazione. La notizia è passata in sordina, nessuno ci fa bella figura ovviamente. Alla fine tutta sta manfrina dei diritti e bla bla bla è una favola che ci raccontiamo da soli per dormire sogni tranquilli. Visto che la lista presentata dai turchi è ancora molto lunga, questo potrebbe essere solo il primo caso. Intanto Erdogan si porta a casa un’altra piccola vittoria che fa punti. Comunque gli svedesi, che sembrano tanto belli e perfetti, eccellenza di democrazia, sono gli stessi che arrestarono Assange e poi lo estradarono in Inghilterra. Giusto per dire. C’hanno il vizietto. Era proprio il nuovo alleato nella NATO di cui si sentiva il bisogno. A sto punto, che i russi vi colgano…

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/12/08/svezia-estrada-un-membro-del-pkk-in-turchia-per-entrare-nella-nato-e-i-curdi-nel-paese-si-ribellano-stoccolma-viola-i-diritti-umani/6899177/

Chiudiamo con un lutto. Il 28 ottobre è morto D.H. Peligro, noto principalmente per essere stato il batterista dei Dead Kennedys dal 1981 al 1986, quando si sono sciolti (e anche nella reunion del 2001 fino a ieri, senza Jello Biafra). Per un breve periodo ha suonato anche nei Red Hot Chili Peppers, lavorando ad alcuni dei brani presenti su Mother’s Milk.

(fonte Wikimedia Commons/Stefan Brending)

È morto a 63 anni, pare per un banale incidente domestico. Caduta e sbattuta di testa. Un modo poco punk di andarsene in fin dei conti. Sicuramente sfortunato. In ogni caso ha scritto la storia del genere. Pace all’anima sua. E lode e gloria eterna ai Dead Kennedys.

È morto pure Roberto Maroni, ma lui non ha scritto la storia di un bel cazzo di niente.

Sono Carlo il cinista. Come lavoro faccio il cinico disilluso professionista, con molti anni di esperienza alle spalle. Anche se a volte capita anche a me di avere un po' di cuore. Nel tempo libero studio storia medievale, con il sogno, quando sarò diventato grande, di friggere polletti sintetici al kfc. E di assillare i miei eventuali colleghi, tra una mandata di polletti e l'altra, su quanto fossero efficienti i cucchiai bizantini o su quanto fosse pantocratore Gesù Cristo. Sono anche malato di musica e di montagna. E di mente.

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